Dal terrazzo lo sguardo spaziava sui
tetti delle case attigue: tegole consumate dal tempo e dalla pioggia, variegate,
smunte, sempre e comunque ben allineate, e antenne di ogni forma e dimensione,
a perdita d’occhio. Qua e là palazzoni torreggianti, ad
interrompere la monotonia del paesaggio urbano.
Presso la ringhiera, una sigaretta
accesa, la donna ascoltava distrattamente gli annunci trasmessi
dall’altoparlante della vicina stazione ferroviaria.
Persa in pensieri ripetitivi e
dolenti, non si curava del passare del tempo né della sera incombente.
“Dove sei? - si chiedeva - Perché non
chiami? Perché non far cenno a quel che è successo? Come puoi lasciare che
tutto finisca così, senza spiegare, senza cercare di capire?”
Un tiro di sigaretta. “E del nostro passato comune, che farne? Non
ci sarà niente da ricordare? Nulla che valga la pena di tenere vivo, di salvare?”
Uno sbuffo di fumo. La stanchezza del
cuore. “O credi davvero che tutto sia perso: ogni cosa da cancellare, come se non
fosse mai stata?”
Immagini di gioia, dolore, speranze,
progetti condivisi si sovrapponevano al cielo oscurato, quasi si trattasse
della proiezione di un film muto trasmesso ripetitivamente.
L’accendino scattò.
Si ritrovò con due sigarette accese.
Lanciò la prima seguendone l’atterraggio
sul lastrico tra scintille di brace e subito tornò ad interrogare
l’assente: “Ho tenuto a questa storia con tutta me stessa. L’ho coltivata,
curata, fatta crescere. Cosa ne resta adesso? Qualche foto, tanta
disperazione ed il bisogno di capire!”
Guardò le rotaie in basso: diritte,
parallele, linee che avrebbero proseguito il cammino senza mai divergere. Avrebbe
desiderato un tale indissolubile sodalizio con lui?
“Sì – si disse con convinzione – è
quel che avrei voluto.”
Aspirò nuovamente e tossì.
Lo vide
pressochè subito: era planato sul lastrico, poco distante, e avanzava un
po’ titubante, forse per paura di essere scacciato. Zampettava esitante dirigendosi
verso il mozzicone acceso, probabilmente attratto dalla luce rossastra.
Lei intuì cosa sarebbe accaduto a
breve e, avanzando rapidamente, scalciò la cicca che, con una parabola, superò
il parapetto e si tuffò nel vuoto.
Il piccione naturalmente non comprese
e, rassegnato al nuovo sgarbo, la fissò stolidamente poi prese il volo.
Lei seguitò a fumare.
Milano,
7 agosto 2012
Mi ci sono rivista. Eccome anche, se mi ci sono rivista. Una me di qualche anno fa, esattamente uguale. Scrivi bene, complimenti.
RispondiEliminanon mi aspettavo ci fosse il piccione, mi è venuto in mente questo bellissimo brano di Povia di Sanremo: http://www.youtube.com/watch?v=Op-JuTHfls8 e la frase "Se tutti quanti lo sanno ma hanno paura che l'amore è un inganno
RispondiEliminaOh, ce l'ha fatta mia nonna per 50 anni con mio nonno in campagna
Più o meno come fa un piccione
Lo so che e brutto il paragone
Però vivrei con l'emozione
Di dare fiducia a chi mi tira il pane " e qui invece è successo il contrario...
e ora http://www.youtube.com/watch?v=wMt1xZnnUC8 cosa rimane di loro? "ci siamo persi in un attimo e già siamo distanti io e te [...] cosa rimane ad un tratto delle nostre promesse
se l'esperienza c'ha dato solamente incertezze
ci siamo persi da tempo ma non siamo distanti io e te".
è strano il guardare le rotaie e pensare un rapporto a due così.....parallele che non si incontrano mai ...camminare insieme con pensieri e sensazioni che forse non aiutano a vivere una vita che si desidera piena di cose unite, corpo...anima.....certo che se fosse così sarebbe una non vita....
RispondiEliminabrava, con poche righe riesci a raccontare una storia!
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