lunedì 1 ottobre 2012

IL TERRAZZO


Dal terrazzo lo sguardo spaziava sui tetti delle case attigue: tegole consumate dal tempo e dalla pioggia, variegate, smunte, sempre e comunque ben allineate, e antenne di ogni forma e dimensione, a perdita d’occhio. Qua e là palazzoni torreggianti, ad interrompere la monotonia del paesaggio urbano.
Presso la ringhiera, una sigaretta accesa, la donna ascoltava distrattamente gli annunci trasmessi dall’altoparlante della vicina stazione ferroviaria.
Persa in pensieri ripetitivi e dolenti, non si curava del passare del tempo né della sera incombente.
“Dove sei? - si chiedeva - Perché non chiami? Perché non far cenno a quel che è successo? Come puoi lasciare che tutto finisca così, senza spiegare, senza cercare di capire?”
Un tiro di sigaretta.  “E del nostro passato comune, che farne? Non ci sarà niente da ricordare? Nulla che valga la pena di tenere vivo, di salvare?”
Uno sbuffo di fumo. La stanchezza del cuore. “O credi davvero che tutto sia perso: ogni cosa da cancellare, come se non fosse mai stata?”
Immagini di gioia, dolore, speranze, progetti condivisi si sovrapponevano al cielo oscurato, quasi si trattasse della proiezione di un film muto  trasmesso ripetitivamente.
L’accendino scattò.
Si ritrovò con due sigarette accese.
Lanciò la prima seguendone l’atterraggio sul lastrico tra scintille di brace  e subito tornò ad interrogare l’assente: “Ho tenuto a questa storia con tutta me stessa. L’ho coltivata, curata, fatta crescere. Cosa ne resta adesso? Qualche foto, tanta disperazione ed il bisogno di capire!”
Guardò le rotaie in basso: diritte, parallele, linee che avrebbero proseguito il cammino senza mai divergere. Avrebbe desiderato un tale indissolubile sodalizio con lui?
“Sì – si disse con convinzione – è quel che avrei voluto.”
Aspirò nuovamente e tossì. 
Lo vide pressochè subito: era planato sul lastrico, poco distante, e avanzava un po’ titubante, forse per paura di essere scacciato. Zampettava esitante dirigendosi verso il mozzicone acceso, probabilmente attratto dalla luce rossastra.
Lei intuì cosa sarebbe accaduto a breve e, avanzando rapidamente, scalciò la cicca che, con una parabola, superò il parapetto e si tuffò nel vuoto.
Il piccione naturalmente non comprese e, rassegnato al nuovo sgarbo, la fissò stolidamente poi prese il volo.
Lei seguitò a fumare.

Milano, 7 agosto 2012





4 commenti:

  1. Mi ci sono rivista. Eccome anche, se mi ci sono rivista. Una me di qualche anno fa, esattamente uguale. Scrivi bene, complimenti.

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  2. non mi aspettavo ci fosse il piccione, mi è venuto in mente questo bellissimo brano di Povia di Sanremo: http://www.youtube.com/watch?v=Op-JuTHfls8 e la frase "Se tutti quanti lo sanno ma hanno paura che l'amore è un inganno
    Oh, ce l'ha fatta mia nonna per 50 anni con mio nonno in campagna
    Più o meno come fa un piccione
    Lo so che e brutto il paragone
    Però vivrei con l'emozione
    Di dare fiducia a chi mi tira il pane " e qui invece è successo il contrario...

    e ora http://www.youtube.com/watch?v=wMt1xZnnUC8 cosa rimane di loro? "ci siamo persi in un attimo e già siamo distanti io e te [...] cosa rimane ad un tratto delle nostre promesse
    se l'esperienza c'ha dato solamente incertezze
    ci siamo persi da tempo ma non siamo distanti io e te".

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  3. è strano il guardare le rotaie e pensare un rapporto a due così.....parallele che non si incontrano mai ...camminare insieme con pensieri e sensazioni che forse non aiutano a vivere una vita che si desidera piena di cose unite, corpo...anima.....certo che se fosse così sarebbe una non vita....

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  4. brava, con poche righe riesci a raccontare una storia!

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