sabato 27 ottobre 2012

roulette


Ma che ci faccio ancora qui, in preda al sonno?
Gli occhi mi si chiudono e gli sbadigli si succedono incessanti.
Ero entrato per una puntatina veloce alla roulette e, come sempre, non son più riuscito a staccare gli occhi da quella pallina che gira gira gira ed infine si incasella sempre e solo nel numero sbagliato, facendosi beffa dei miei sogni e portandosi via il mio denaro.
Eppure che fascino luciferino ha il gioco! Ti irretisce inesorabilmente e ti stritola; un po’ come quelle storie d’amore maledette che d’amore hanno ben poco mentre grondano di ossessione e voglie…
Al tavolo vicino giocano a carte: blackjack, credo, o baccarat, e a quello dopo ai dadi. Io, invece, sempre e solo roulette.
L’attenzione ossessiva, il fiato sospeso, l’attesa vigile che si respira attorno ai croupiers sono però gli stessi che permeano l’intera ‘giostra’.
“Tre, rosso.” La voce del ‘cerimoniere’ invade lo spazio. Facce deluse, la mia compresa.
Mi sfrego gli occhi, rimetto gli occhiali e mi avvio stancamente verso l’uscita.
La notte, anche stanotte, sta esaurendosi e anche stanotte ho sconfitto, almeno per un poco, la tua assenza.
Milano, 21 agosto 2012 
 

domenica 21 ottobre 2012

STO MALE, MUOIO!


- “Sto male, muoio!”
- “No, è impossibile”
- “Sto malissimo, davvero!”
- “Adesso passerà”
- “Te lo giuro, sto morendo!”
- “Non essere ridicola, dai…”
- “Ho il cuore che è impazzito!”
- “Calmati, è solo una sensazione temporanea”
- “Lo dici tu. Adesso si spacca!”
- “Pazienta, non è niente…”
- “Mi manca il respiro… la terra sotto i piedi… non ci vedo…
    ho le vertigini… la nausea…”
- “Sei ridicola!”
- “Tra poco lo vedrai, piomberò giù… morta!”
- “Ma figurati! Non si muore per amore…  
    ti riprenderai… e passerai ad un altro”
- “Cinico!!!”

Milano, 17 ottobre 2012

giovedì 18 ottobre 2012

FLASH


Fu solo molto tempo dopo che finalmente capii!
Risi per l’ingenuità (stupidità?) di allora, ma ero sempre stata un po’ imbranata nei rapporti con gli uomini - perciò non mi stupii più di tanto. Divertita sì ma non meravigliata – e perché poi? Il mio era un mondo parallelo fatto di colori decisi, poche sfumature…
Accadde mentre camminavo di buon passo per raggiungere l’ufficio: attraversando un giardino, rimasi abbagliata (e non ci stavo proprio pensando)…   ecco, era lì, tutto così chiaro, adesso!
Oddio, ma come avevo fatto  a non recepire subito il vero senso?
Era stata una parola, un’ingiunzione: “Dimmelo!” cui aveva fatto seguito un’intera frase molto composita: “Dimmelo, dai! Su!” e più suadente: “Dimmelo! Puoi…” e perentorio: “Su, forza. Dimmelo!” e ancora, sussurrato in modo complice: “Dimmelo, ti pregooo…”  e via così, per giorni e giorni.
Ad ogni richiesta avevo risposto tergiversando, ridendo, gigioneggiando, insomma evitando comunque e in ogni modo di espormi.
Che scema, tutto questo tempo senza aver compreso! E adesso, invece…
Folgorata sulla via di Damasco!
Scoppio a ridere.
Avevo sempre creduto che la risposta attesa fosse TI AMO – invece  era semplicemente SCOPAMI, tout court!

Milano, 08 agosto 2012

venerdì 5 ottobre 2012

DIMMI


- Dimmi che mi ami.
- Ti amo.
- Dimmi che mi pensi.
- Ti penso.
- Dimmi che non puoi vivere senza di me.
- Non posso vivere senza di te.
- Dimmi che non mi lascerai mai.
- Non ti lascerò mai.
- Dimmi che sarà per sempre.
- Sarà per sempre.
- Dimmi che non puoi fare a meno di me.
- Non posso fare a meno di te.
- Dimmi che staremo insieme per tutta la vita.
- Staremo insieme per tutta la vita.
- Dimmi che mi vorrai bene ogni giorno di più.
- Ti vorrò bene ogni giorno di più.
- Dimmi che non hai mai amato nessuno quanto me.
- Non ho mai amato nessuno quanto te.
- Dimmi che per me faresti qualsiasi cosa.
- Per te farei qualsiasi cosa.
- Dimmi che mi desideri.
- Ti desidero.
- Dimmi che vuoi solo me.
- Voglio solo te.
- Dimmi che quando non siamo insieme ti manco da morire.
- Quando non siamo insieme mi manchi da morire.
- Dimmi che mi ami.
- Ti amo.
- Dimmi che mi pensi.
- Ti penso.
- Dimmi che non poi vivere senza di me.
… bang… bang… bang !
Milano, 03 ottobre 2012

lunedì 1 ottobre 2012

IL TERRAZZO


Dal terrazzo lo sguardo spaziava sui tetti delle case attigue: tegole consumate dal tempo e dalla pioggia, variegate, smunte, sempre e comunque ben allineate, e antenne di ogni forma e dimensione, a perdita d’occhio. Qua e là palazzoni torreggianti, ad interrompere la monotonia del paesaggio urbano.
Presso la ringhiera, una sigaretta accesa, la donna ascoltava distrattamente gli annunci trasmessi dall’altoparlante della vicina stazione ferroviaria.
Persa in pensieri ripetitivi e dolenti, non si curava del passare del tempo né della sera incombente.
“Dove sei? - si chiedeva - Perché non chiami? Perché non far cenno a quel che è successo? Come puoi lasciare che tutto finisca così, senza spiegare, senza cercare di capire?”
Un tiro di sigaretta.  “E del nostro passato comune, che farne? Non ci sarà niente da ricordare? Nulla che valga la pena di tenere vivo, di salvare?”
Uno sbuffo di fumo. La stanchezza del cuore. “O credi davvero che tutto sia perso: ogni cosa da cancellare, come se non fosse mai stata?”
Immagini di gioia, dolore, speranze, progetti condivisi si sovrapponevano al cielo oscurato, quasi si trattasse della proiezione di un film muto  trasmesso ripetitivamente.
L’accendino scattò.
Si ritrovò con due sigarette accese.
Lanciò la prima seguendone l’atterraggio sul lastrico tra scintille di brace  e subito tornò ad interrogare l’assente: “Ho tenuto a questa storia con tutta me stessa. L’ho coltivata, curata, fatta crescere. Cosa ne resta adesso? Qualche foto, tanta disperazione ed il bisogno di capire!”
Guardò le rotaie in basso: diritte, parallele, linee che avrebbero proseguito il cammino senza mai divergere. Avrebbe desiderato un tale indissolubile sodalizio con lui?
“Sì – si disse con convinzione – è quel che avrei voluto.”
Aspirò nuovamente e tossì. 
Lo vide pressochè subito: era planato sul lastrico, poco distante, e avanzava un po’ titubante, forse per paura di essere scacciato. Zampettava esitante dirigendosi verso il mozzicone acceso, probabilmente attratto dalla luce rossastra.
Lei intuì cosa sarebbe accaduto a breve e, avanzando rapidamente, scalciò la cicca che, con una parabola, superò il parapetto e si tuffò nel vuoto.
Il piccione naturalmente non comprese e, rassegnato al nuovo sgarbo, la fissò stolidamente poi prese il volo.
Lei seguitò a fumare.

Milano, 7 agosto 2012